venerdì 1 aprile 2011

Valle di México José Maria Velasco

è importante notare come il tema che più ricorre all’interno dell’opera di José María Velasco sia la Valle di Città del Messico. La metropoli che ora occupa la valle è il centro di una battaglia quotidiana: non si distingue il cielo, ricoperto da una fitta cappa di smog, e l’orizzonte è una lunga carreggiata verso terreni inospitali al fondo della quale s’innalza lo scheletro di un nuovo edificio. Invece, nelle “valli” di Velasco, come in quella dipinta nel 1875, veniamo ricevuti da un insieme di rocce che si avvicina alla nostra vista come a dimostrarne la ruvidezza. In questo tramonto, la luce è un elemento, ma non il principale del quadro: con la sua inclinazione lascia cadere un manto d’ombra sulla quasi impercettibile famiglia che torna a casa. Poi la luce si fa spazio sulla valle, illumina i laghi e arriva a distinguere le vette dei vulcani, nascondendo il suo più significativo incontro con una nube. Possiamo dividere il quadro in due parti: una in basso, terrena, vicina ai nostri occhi e alla nostra esperienza; l’altra in alto, immensa e ingannevolmente leggera con i suoi gironi di nuvole che si agitano per tutto il cielo, al fondo i vulcani posti su una linea di vette immobili e i laghi che, dall’orizzonte, si avvicinano da dietro alcuni arbusti. La scena è affascinante per la sua contingenza: c’è in essa un equilibrio e, senza voler esagerare, un certo classicismo; l’uomo, senza saperlo, si trova di fronte alla magnificenza dell’universo in movimento. La città ricopre un ruolo secondario, è impercettibile, sommersa nel vasto orizzonte; non troviamo ancora il conflitto della tecnologia né l’urbanizzazione contro la natura: l’uomo può ancora vagare tra i sentieri, riconoscendo la terra in cui abita, sentendosi accolto da un’immensità ingovernabile, ma mai ostile.

Nessun commento:

Posta un commento