domenica 8 maggio 2011

Forma Urbis: Santa Maria in Cosmedin

ROMA BIZANTINA
Choc al ritorno dalla Grecia, attraverso Bisanzio. Questa volta non è più lo stupore di un primitivo davanti alla decorazione fiorita di un acanto; gente di origine greca viene a costruire Santa Maria in Cosmedin. Greci ben lontani da Fidia, ma che ne hanno conservato il seme, cioè il senso dei rapporti, la matematica grazie alla quale la perfezione diventa accessibile. Questa chiesetta di Santa Maria, chiesa di povera gente, proclama, in Roma strepitosamente lussuosa, fasto singolare della matematica, la potenza imbattibile della proporzione, l'eloquenza sovrana dei rapporti. il motivo non è che una basilica, cioè questa forma di architettura con la quale si fanno i granai, i capannoni. i muro sono di intonaco di calce. C'è un solo colore: il bianco; intensità certa poiché è l'assoluto. Questa chiesa minuscola vi incute rispetto. "Oh!" dite voi, che venite da San Pietro o dal Palatino o dal Colosseo. I sensuali dell'arte, istintivi dell'arte, saranno imbarazzati da santa Maria in Cosmedin. E dire che questa chiesa era in Roma quando inferiva il Grande rinascimento con questi palazzi pieni di ori, di orrori!
La Grecia attraverso Bisanzio, pura creazione dello spirito. L'architettura non è che ordine, bei prismi nella luce. È cosa che ci incanta, è la misura. Misurare. Dividere in quantità ritmiche, animate da un soffio uguale, fare passare ovunque il rapporto unitario e sottile, equilibrare, risolvere l'equazione. Poiché, se l'espressione genera scompiglio quando si parla di pittura, si addice all'architettura che non si occupa di alcuna figurazione, di alcun elemento commovente per un uomo, l'architettura che amministra delle quantità. Queste quantità fanno un ammasso di materiali a piè d'opera; misurate, introdotte nell'equazione, fanno dei ritmi, dicono cifre, rapporto, spirito.
Nel silenzio equilibrato di Santa Maria in Cosmedin, sale la rampa obliqua di un pulpito, si inclina il libro di pietra di un leggio, in un accordo silenzioso come un gesto di assenso. Queste due linee oblique modeste che si congiungono nel meccanismo perfetto di una meccanica spirituale sono la bellezza pura e semplice dell'architettura.

Le Corbusier, Verso una Architettura,  Longanesi ed.

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