martedì 10 maggio 2011

Una firma per Ai Weiwei


Ai Weiwei
From Repubblica.it
La creatività in certi casi può far paura, quando poi si sposa con l'impegno può essere dirompente, rivoluzionaria e diventare un elemento destabilizzante per regimi che poggiano il proprio equilibrio sul controllo sociale. Una voce fuori dal coro che riesce ad arrivare alle coscienze, se ingestibile, diventa un pericolo da scongiurare e non una risorsa da proteggere. E' certamente il caso di Ai Weiwei, classe 1957, uno dei più grandi artisti della scena contemporanea internazionale, arrestato il 3 aprile scorso dalle autorità cinesi con accuse che appaiono pretestuose: prima frode fiscale, poi bigamia, paternità illegittima e addirittura pornografia online. L'unica certezza è che da allora si sono perse le sue tracce: i familiari denunciano di non sapere nemmeno dove sia detenuto e di non avere ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dal governo.

Arte e denuncia. Venezia, Londra, New York, Monaco sono solo alcune delle città che hanno ospitato le installazioni di Ai, la cui notorietà e legata anche all'ideazione del grandioso National Stadium di Pechino divenuto simbolo delle Olimpiadi del 2008.
Diplomato all'Accademia del cinema di Pechino e specializzato alla Parsons School of Design di New York, Ai Weiwei si è imposto con lavori che hanno sempre avuto il sapore della denuncia: nel 2009 la sua installazione Remebering aveva dominato la facciata dell Haus der Kunst di Monaco con 9000 zainetti colorati, macabro simbolo dei tanti bambini rimasti uccisi nel terremoto nel Sichuan del 2008, un immenso dito puntato sulle autorità cinesi responsabili per il crollo degli edifici scolastici.
Ma è stata sicuramente la Tate Modern a ospitare l'opera più discussa dell'artista. Nel 2010 con "Sunflower Seeds", Ai ha invaso il museo londinese con cento milioni di semi di girasole di porcellana dipinti a mano da artigiani cinesi della città Jingdezhen, tradizionale centro di lavorazione di questo materiale. Un'opera che mette al centro l'unicità dell'artigiano/individuo contro la spersonalizzazione di una frenetica produzione industriale che tanto ha caratterizzato l'economia cinese negli ultimi decenni.
Una voce scomoda e troppo risonante per un paese che appare più impegnato nella corsa all'ultracapitalismo, che a consolidare la libertà di espressione e il rispetto dei diritti umani, temi sui quali la comunità internazionale ha spesso manifestato preoccupazione. Impossibile non ricordare la poltrona vuota di Liu Xiaobo alla cerimonia dei Nobel 2010, premiato per la pace ma assente perché condannato a 11 anni per istigazione alla sovversione; colpevole per aver scritto la "Charta 08", un manifesto sul rispetto dei diritti umani in Cina, firmato tra gli altri dallo stesso Ai.
Mobilitazione. La scomparsa di Weiwei non è però passata inosservata e se proprio la Tate Modern ha esposto sulla facciata del suo edificio la scritta a caratteri cubitali "Release Ai Weiwei", è la Rete a guidare la mobilitazione attraverso la campagna "Call for the Release of Ai WeiWei", promossa dalle principali istituzioni museali mondiali che ha già raccolto la sottoscrizione di migliaia di persone e di nomi noti non solo del mondo dell'arte. Online anche il sito http://www.freeaiweiwei.org/ che conta i giorni di detenzione dell'artista e una nutrita rassegna stampa sulla vicenda.

In Italia, è stata l'associazione Pulitzer - impegnata nella difesa dell'articolo 21 della Costituzione e della libertà di espressione – a denunciare la vicenda redigendo un appello online  da presentare al presidente della Repubblica. "La vicenda di Ai Weiwei esce dai confini cinesi, riguarda tutti – ha detto a Repubblica.it il presidente dell'associazione Antonio Rossano – E' il sintomo di quanto ancora sia necessario tutelare la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero". "Abbiamo sentito l'urgenza – ha aggiunto Rossano - di occuparci in prima linea del caso di Ai Weiwei soprattutto considerando il periodo che sta attraversando l'Italia". L'obiettivo simbolico delle 5000 firme mira a promuovere un'azione formale dello Stato italiano nei confronti di Pechino per ottenere chiarimenti sui motivi che hanno condotto all'arresto dell'artista, sulle sue condizioni di salute e sollecitarne la liberazione. Umberto Eco, Eugenio Bennato e molti altri nomi della cultura italiana hanno già aderito.

LA PETIZIONE ITALIANA DELL'ASSOCIAZIONE PULITZER
LA PETIZIONE INTERNAZIONALE

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