lunedì 16 maggio 2011

Gauguin, il Cristo giallo, 1889.

Ai piedi del monte del cranio sono rimaste solo le pie donne, in lontananza c'è chi si allontana, chi fugge. All'improvviso il cielo scurisce. Le donne bretone sono in uno stato contemplativo, come se si chiedessero se ciò che accade intorno c'entra con loro. Il giallo pervade l'intero dipinto, arbusti ardenti dialogano con lo spettatore, i toni freddi calano sul giorno. La desolazione del paesaggio vuole essere rivelatore dell'asprezza della vita umana. Ma è una visione? è un fatto contemporaneo? può un evento del passato eternarsi? Le linee taglienti disegnano i contorni delle figure, come in un'icona antica che colloca l'evento fuori del tempo e dello spazio. I colori primari ci rimandano a un tempo primitivo, al momento dell'origine, le donne in meditazione e i personaggi che vanno via ci fanno domandare sul destino, sul senso ultimo. L'infinito si è manifestato in un particolare. Gauguin esegue quest'opera l'anno dopo l’esperienza con Van Gogh, e alcuni non tanto fortunati tentativi artistici. Forse che anche lui come noi, in momenti di sconforto, si domandò quel "perché?" a cui non possiamo rispondere. Forse il dipinto fu il mezzo per manifestare la sua domanda. Il dipinto fu particolarmente caro a Gauguin al punto di usarlo da sfondo per un suo autoritratto e  di non separarsene mai fino alla sua morte.


autoritratto con Cristo giallo, 1890-91
Realizzato alla vigilia della sua prima partenza per Tahiti, l'Autoritratto con Cristo giallo costituisce un vero e proprio manifesto. Si tratta in realtà di un ritratto dal triplice aspetto, nel quale l'artista svela le varie sfaccettature della sua personalità. A quell'epoca sconosciuto, incompreso, abbandonato dalla sua donna tornata in Danimarca con i loro bambini, Gauguin fatica ad ottenere un incarico ufficiale che gli consenta di stabilirsi nelle colonie. Nella figura centrale, lo sguardo fisso che Gauguin rivolge allo spettatore esprime il peso di queste difficoltà, ma anche tutta la sua determinazione nel continuare la sua battaglia artistica. Dietro di lui, l'artista raffigura due altre sue opere, realizzate l'anno prima, che si confrontano da un punto di vista estetico e simbolico. A sinistra si trova il Cristo giallo, immagine della sofferenza sublimata, al quale Gauguin presta le proprie fattezze. Tuttavia, il braccio che il Cristo distende sopra la testa del pittore evoca anche un gesto protettore. Il giallo di questo quadro, colore feticcio dell'artista, si contrappone al rosso del Vaso autoritratto in forma di testa di grottesca, collocato a destra sopra uno scaffale. Questo vaso antropomorfo che lo stesso Gauguin descriveva come una "testa di Gauguin il selvaggio" porta la traccia del grande fuoco che ne ha pietrificato la materia. Con la sua maschera contratta in una smorfia e la sua fattura primitiva, questo vaso incarna le sofferenze ed il carattere selvaggio della personalità di Gauguin. In bilico tra spiritualità e carnalità, sintetismo e primitivismo, Gauguin anticipa l'importanza ed il peso della grande avventura artistica ed umana che egli si appresta a vivere.

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